- Provincia: Caltanissetta
- Città: Caltanissetta
- Coordinate: 37°29′N 14°04′E
- Altitudine: 568 m s.l.m.
- Superficie: 421,25 km²
- Abitanti: 61 210 (30-10-2018)
- Densità: 145,31 ab./km²
- Mappa Città:
- La Storia
- Cosa visitare
Architetture religiose - Cosa visitare
Architetture civili - Nei dintorni...
- Gallery
La Storia
Seconda città siciliana più alta (568 m s.l.m) dopo Enna, Caltanissetta, posta quasi al centro della Sicilia, domina la valle del Salso. Il suo nome deriverebbe dall'arabo Qalat-an-Nisa, "Castello delle donne".
I primi abitanti del territorio furono i Sicani, a partire dal XIX secolo a.C.
L’odierna città fu fondata nel X secolo dagli Arabi, divenne feudo nel periodo normanno e nel 1405 passò sotto il dominio dei Moncada di Paternò fino al 1812.
Grazie alla presenza di vasti giacimenti di zolfo, a partire dall’Ottocento conobbe un notevole sviluppo industriale: divenne così “la capitale mondiale dello zolfo”.
Nel secondo dopoguerra il settore estrattivo entrò in crisi, e con esso tutta l’economia del territorio. Oggi l’economia locale si basa prevalentemente sul settore terziario.
Cosa visitare Architetture religiose
Duomo di Santa Maria la Nova (Cattedrale)
È la Cattedrale di Caltanissetta. Fu costruita tra gli anni 1570-1620 e aperta al culto nel 1622. I lavori per il prospetto e l’innalzamento del campanile sinistro iniziarono nel 1782 e si conclusero con la costruzione del campanile destro nel 1856. Pesantemente danneggiata dai bombardamenti del 1943, fu completata nel 1946.
Presenta un’ampia facciata spartita da lesene affiancate da due campanili. L’interno è a croce latina a tre navate.
Decorano l’intera chiesa una serie di pregevoli affreschi: scene sacre inframmezzate da angioletti, nuvolette e stucchi dorati, ma anche fregi, volute, medaglioni, conchiglie, finti pilastri e colonne in stile rocaille.
All’interno dell’edificio sono custodite la splendida statua lignea di San Michele, patrono della cittadina, una statua lignea del 1760 raffigurante l’Immacolata, con preziosi panneggi in lamina d’argento, una grande pala d’altare del Borremans, un prezioso organo intagliato e decorato, una tela raffigurante la Madonna del Carmelo di Filippo Paladini (1544-1614) e un seicentesco Crocifisso.
Abbazia di Santo Spirito
Il luogo in cui oggi sorge era un luogo di culto già in epoca bizantina. Sembra ormai certo che l’attuale biblioteca fosse un tempo un casolare arabo, inglobato nella struttura normanna. La chiesa fu commissionata dal conte Ruggero e fu consacrata nel 1153 e poi affidata ai monaci agostiniani.
L'edificio fu restaurato una prima volta già nel 1568; nel corso dei secoli furono effettuati altri restauri, fino a quelli conclusisi recentemente. Fu la prima parrocchia della città.
La chiesa è costituita da un’unica navata triabsidata; all’interno un pregevole fonte battesimale, di epoca normanna, i frammenti di un quattrocentesco affresco di Sant’Agostino, un coevo affresco della Messa di San Gregorio, un affresco del Cristo benedicente, un affresco del Panthocrator, ridipinto nel 1964, una cinquecentesca statua della Madonna delle Grazie in terracotta policroma, un’urna cineraria romana risalente al I secolo.
Chiesa di Sant’Agata e collegio dei Gesuiti
I lavori di costruzione del collegio iniziarono nel 1589 e si protrassero fino alla seconda metà dell’Ottocento, mentre l’edificazione della chiesa iniziò nel 1600 e terminò nel 1610.
La seicentesca facciata della chiesa è in pietra arenaria rossa, mentre il settecentesco portale è in pietra bianca.
Ha una pianta a croce greca, con gli interni rivestiti da marmo e stucco a imitazione del marmo. La chiesa fu parzialmente riaffrescata negli anni cinquanta del secolo scorso.
Oggi il collegio ospita la biblioteca comunale "Luciano Scarabelli" e il liceo musicale "Vincenzo Bellini".
Chiesa di Santa Maria degli Angeli
La chiesa, situata a ridosso del castello di Pietrarossa, fu costruita tra il XIII e il XIV. Secondo studi recenti, sarebbe stata fondata dai Lancia, nuovi feudatari di Caltanissetta.
A causa delle ridotte dimensioni dell'edificio, la parrocchia fu trasferita altrove, e la chiesa venne concessa ai Frati Minori Osservanti, che vi edificarono un convento. Nel 1636 questo subì un parziale crollo, a cui fece seguito un restauro eseguito utilizzando le pietre del vicino castello di Pietrarossa.
Durante l’epidemia di colera del 1867 il convento fu adibito ad ospedale e nel 1873 la chiesa venne chiusa al culto. Divenne proprietà del Ministero della Guerra, che la adibì a caserma e magazzino militare. Seguì la fase di completo abbandono, che culminò con il crollo parziale del tetto, riedificato negli anni settanta del secolo scorso.
Oggi all’interno dell’edificio non rimane più nulla. L’edificio e l’attiguo convento sono stati recentemente restaurati.
Chiesa di San Giovanni
Situata nella parte più antica del centro storico, non lontano dalla chiesa di San Domenico, venne fondata nel XI secolo, ma fu rimaneggiata diverse volte e nel 1711 subì un radicale restauro che non lasciò nulla della preesistente chiesa medievale.
Subì altri interventi di decorazione e abbellimento interno ed esterno nel 1806 e nel 1910. Fu completamente distrutta durante un bombardamento nel 1943 e ricostruita nel 1945. La chiesa ha subito un restauro interno ed esterno nel 2008.
Ha una facciata in pietra arenaria, a unico ordine, con un portale centrale, sormontato dalla statua di san Giovanni e da un finestrone; a sinistra si erge la torre campanaria.
All’interno sono custodite alcune opere, tra cui una piccola statua dell’Immacolata, una settecentesca statua lignea di San Giuseppe e un antico fonte battesimale.
Chiesa di San Sebastiano
La chiesa è situata proprio di fronte alla Cattedrale. Sorse intorno al Cinquecento come omaggio per la liberazione dalla peste. Nel 1711 fu modificata per cedere spazio alla piazza e abbellita.
La facciata è in stile eclettico della fine dell’Ottocento, con colonne appartenenti a tutte e tre gli ordini classici (dorico, ionico e corinzio), arricchite con bifore e nicchie all’interno delle quali si trovano le statue dei santi Pietro e Paolo e di san Sebastiano. Il portale d’ingresso è sorretto da colonne gemelle, che si replicano al secondo ordine, dove è presente anche una bifora; alla sinistra la torre campanaria.
La chiesa è a navata unica, con volta a botte. All’interno è conservata una statua lignea di San Sebastiano.
Chiesa di San Domenico
L’edificio e l’annesso convento vennero costruiti nel 1458, su iniziativa di Antonio Moncada, terzo conte di Caltanissetta. Fu luogo di sepoltura dei Moncada e di altre famiglie nobili locali.
Nel 1573 venne ampliato il convento e nei primi anni del Seicento venne edificato il chiostro. La facciata è stata realizzata intorno al 1700, mentre gli stucchi che decorano gli interni risalgono all’Ottocento.
Con la soppressione degli ordini religiosi, il convento venne adibito a caserma e la chiesa, sconsacrata, venne usata come magazzino; fu riconsacrata nel 1923.
La chiesa è a tre navate, con una facciata barocca convessa al centro e concava lateralmente.
All’interno vi si trovano alcune tele seicentesche e settecentesche.
Recenti ricerche hanno scoperto una cripta nascosta nella chiesa.
Chiesa e monastero di Santa Flavia
I lavori iniziarono tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo su iniziativa di donna Maria d’Aragona, duchessa di Montalto, vedova del conte di Caltanissetta Francesco II Moncada. Dopo la morte della duchessa, furono portati avanti da suo figlio, il principe Antonio d’Aragona Moncada. I tempi per la costruzione della chiesa furono lunghi; fra alterne vicende fu completata nel 1793.
Con l’unità d’Italia il monastero e la chiesa furono confiscati e destinati dapprima a lazzaretto e poi a caserma e deposito militare.
La chiesa fu restituita al culto nel XX secolo e i locali del monastero ristrutturati e utilizzati per attività sociali.
Il santuario all’interno si sviluppa con pianta basilicale, sulla facciata si trovano due distinti ordini sovrapposti separati da un cornicione marcapiano.
Il monastero, a tre elevazioni, racchiude un cortile.
Gli ultimi lavori di restauro, eseguiti nei primi anni duemila, hanno riportato alla luce la facciata della preesistente chiesa di Santa Venera, oggi inglobata nella parete laterale della chiesa di Santa Flavia.
Chiesa e monastero di Santa Croce
La chiesa e l’annesso monastero delle suore Benedettine risalgono al 1531, edificati per volere del conte Antonio III Moncada.
Nel 1590 il complesso fu dedicato alla Santa Croce, in onore di una reliquia donata dalla contessa Moncada. Tra la fine del XVI e il XVII secolo, la chiesa e il monastero furono ingranditi e fu realizzato un nuovo giardino.
Nonostante la soppressione degli ordini religiosi sancita dopo l’Unità d’Italia, il monastero continuò ad essere abitato dalle suore benedettine fino al 1908. In seguito una parte del monastero fu adibita a scuola elementare femminile.
Durante i bombardamenti del 1943 il monastero subì gravi danni e nel 1967 fu demolito.
La chiesa ha una sola navata e possiede una caratteristica facciata rossa a due ordini, con delle finestre protette da gelosie di ferro, che permettevano alle monache di guardare la strada senza essere viste dall’esterno.
Santuario del Signore della Città
Era dedicata a San Nicola di Bari, ma nel XVIII secolo vi fu traslato il Cristo Nero, per cui fu intitolata al Signore della città.
Il Cristo Nero è un crocifisso ligneo in stile bizantino che, secondo la tradizione, fu ritrovato nel XIV secolo nelle campagne, all’interno di una grotta. Custodito all’interno della chiesa di San Leonardo, nei pressi del luogo del ritrovamento, fu traslato nella chiesa di San Nicola in seguito alla distruzione della suddetta chiesa.
Fino al XIX secolo la chiesa mantenne dimensioni modeste, come testimonia il portale situato in una parete laterale che un tempo rappresentava l’ingresso principale dell’edificio.
Dopo il 1867 divenne cappella del vicino ospedale Vittorio Emanuele II, a sua volta ex convento dei padri cappuccini; risale a questo periodo il restauro e l’ampliamento della chiesa, mentre alcune decorazioni e abbellimenti risalgono agli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso.
L’edificio è in stile neoclassico, con la facciata in pietra arenaria a un ordine, affiancato a sinistra dal campanile.
Villa Cappellano
Si tratta di un monastero-fattoria costruito dai gesuiti nel XVI secolo, su terre donate loro dai conti Moncada. I gesuiti la gestirono come un’efficiente azienda agricola e vi soggiornarono nel periodo estivo. Nel 1843 la sostituirono con la nuova casina alle Balate, donando i terreni in enfiteusi.
Con la soppressione degli ordini religiosi, la struttura fu messa all’asta ed acquisita da privati, infine venne riacquistata dalla Diocesi.
Il monastero-fattoria è composto da diversi corpi di fabbrica che si affacciano su un vasto cortile quadrangolare. La facciata principale è in stile barocco palermitano.
L’edificio si sviluppa su due piani: al pianterreno l’androne, il refettorio, il laboratorio e il frantoio; uno scalone conduce al piano nobile, dove sono collocate le sedici celle dei monaci.
Fa parte del complesso una cappella, dedicata al Sacro Cuore di Gesù. La cappella è oggi spoglia di ogni arredo, pregevole è il settecentesco pavimento in maiolica calatina della sagrestia.
Cimitero monumentale degli Angeli
La sua edificazione iniziò nel 1878 e deve il nome alla sua vicinanza con il convento di Santa Maria degli Angeli.
Di notevole pregio monumentale per la presenza di numerose cappelle gentilizie e nobiliari, vi hanno lavorato artisti quali il Tripisciano e il Biangardi.
Cosa visitare Architetture civili
Palazzo del Carmine (Municipio)
Costruito nel 1867, l’anno dopo l’espulsione dei padri Carmelitani per la soppressione degli ordini religiosi, sostituì l’allora presente Convento dei carmelitani scalzi e la Chiesa di Maria Santissima Annunziata, modificando la loro planimetria.
Il prospetto, che si affaccia su Piazza Garibaldi è opera dell’allora sindaco, il Barone Giovanni Benintende, mentre la facciata che dà su corso Umberto è opera dell’ingegnere Enrico Arcarisi.
La facciata principale è in stile neoclassico e presenta al piano terra una serie di arcate; al piano superiore lesene binate di stile corinzio scandiscono una serie di timpani curvi o triangolari.
Il palazzo ospita il Municipio della città ed è stato, negli anni, talmente arricchito nel prospetto che l’unica traccia dell’antico convento è costituita da alcuni spezzoni di muratura inglobati nei muri attuali. All’interno è caratterizzato da un cortile in cui si svolgono concerti ed eventi culturali.
Teatro Margherita
Adiacente a Palazzo del Carmine, sulla centrale piazza Garibaldi, la sua costruzione incominciò nel 1870 e fu inaugurato nel 1875 con la rappresentazione del Macbeth di Giuseppe Verdi; venne intitolato all’allora principessa Margherita, consorte del futuro re Umberto I.
Sin dai primi anni il teatro funzionò in modo discontinuo. Nel 1921 il teatro venne ristrutturato e dotato dell’illuminazione elettrica e di un cinematografo. Dopo gli anni trenta tuttavia il teatro entrò in una fase di declino, che fra alterne vicende si protrasse per anni. Nel 1970 venne chiuso per l’inagibilità dell’edificio; nel 1973 iniziò un lungo e travagliato restauro che si protrasse per oltre vent’anni. Il teatro venne riaperto nel 1997.
L’interno presenta quattro ordini di palchi ed è decorato in stile neoclassico con inserti barocchi.
Palazzo Moncada
Fu edificato nella prima metà del XVII secolo dal principe Luigi Guglielmo I Moncada. Doveva essere uno dei più importanti palazzi signorili della Sicilia, ma la sua costruzione non venne portata a termine per la nomina a Viceré di Valencia di Luigi Guglielmo e il suo trasferimento in Spagna.
Nel 1778 l'edificio divenne sede di un orfanotrofio e dopo il 1892 ospitò la sede della Corte d'appello del Tribunale di Caltanissetta.
Nel 1915 fu acquistato dalla principessa Maria Giovanna di Bauffremont, che vi fece costruire un'ampia sala in stile liberty che assunse la funzione di teatro. Nel 1938 il palazzo fu acquistato dalla famiglia Trigona della Floresta e adibito alla rappresentazione di spettacoli cinematografici e teatrali. Tuttora ha questa funzione, ma con il nome di multisala "Moncada".
Il palazzo, in stile barocco, risulta però incompleto in molte parti; ha pianta quadrangolare ed è elevato su tre livelli. Una parte dell'edificio, di proprietà del comune, ospita gli uffici comunali e alcune sale sono adibite a galleria d'arte.
Castello di Pietrarossa
Si trova su un’altura, a ridosso della chiesa di Santa Maria degli Angeli e del cimitero monumentale.
Tra le svariate ipotesi sulle sue origini, la più accreditata ne colloca la costruzione da parte dei bizantini tra il 750 e l'800. Fu fortezza angioina e aragonese e nel 1407 passò alla famiglia Moncada, che lo usò per scopi militari e adibì i sotterranei a carcere.
Nel 1567 una forte scossa di terremoto provocò il crollo del castello, di cui rimasero in piedi solo i resti di due torri.
I successivi lavori di manutenzione trasformarono il castello in una cava di materiale da costruzione: le pietre, infatti, furono usate per costruire altri edifici e monumenti della città.
Piazza Garibaldi
È la piazza principale del centro storico e vi si affacciano il Municipio, la Cattedrale e la Chiesa di San Sebastiano; al centro si trova la "fontana del Tritone", scolpita dal Tripisciano nel 1890, dapprima collocata nell’androne del palazzo del Municipio.
Si tratta di un gruppo bronzeo raffigurante una scena ispirata alla mitologia greca, con un tritone che tenta di domare un cavallo marino di fronte a due mostri marini che lo insidiano; la fontana fu creata successivamente, e l’intera opera fu collocata al centro di Piazza Garibaldi nel 1956.
Gasometro degli Angeli
Si tratta di un gasometro, realizzato nel 1867, che contribuì alla modernizzazione della città: serviva infatti a produrre il gas per l’illuminazione pubblica, dismesso poi con l’avvento delle elettricità. Raro esempio di archeologia industriale, oggi l’edificio è in stato di grave abbandono.
Parco Archeologico di Palmintelli
Situato in una zona centrale della città, venne alla luce nel 1988. Originariamente la zona ospitava un complesso funerario di tombe a grotticella dell’età del bronzo. Oggi solo una è rimasta intatta, nella quale sono stati ritrovati diversi reperti archeologici.
Nei dintorni...
Monumento al Redentore
Costruito sul Monte San Giuliano in occasione del Giubileo del 1900, il monumento si compone di una statua bronzea alta 4,85 metri collocata sopra un basamento in pietra. Il basamento, opera dell'architetto Ernesto Basile, ospita all'interno una piccola cappella e una cripta. Alla sua devozione è legata la "festa del Redentore", che si tiene a Caltanissetta il 6 agosto.
Ponte Capodarso
Situato sul fiume Imera, fu costruito nel 1553 per volere di Carlo V d’Asburgo. Originariamente aveva l’aspetto di un ponte a schiena d’asino, ma nel corso dei secoli subì diversi restauri, alcuni talmente radicali da stravolgerne la forma originaria.
Il ponte fu distrutto dai tedeschi in ritirata nel 1943, ricostruito l'anno successivo e nel 1961 nuovamente distrutto da una eccezionale piena del fiume; fu riedificato e riaperto al traffico nel 1962.
Parco Archeologico di Sabucina
Il parco archeologico di Sabucina si trova a 8 chilometri dalla città.
Il sito fu scoperto negli anni sessanta del secolo scorso e vede al suo interno testimonianze che vanno dal XXIII al IV secolo a.C., dalla presenza dei Sicani a quella dei Romani.
All’interno del parco alcune tombe a grotticella, risalenti all'età del bronzo, resti di capanne circolari con struttura lignea, resti di abitazioni in muratura, muri di fortificazione, fornaci, tutte testimonianze delle popolazioni che qui hanno vissuto.
Il sito fu abbandonato probabilmente nel 310 a.C., dopo la sua distruzione ad opera dei Cartaginesi.
I numerosi e splendidi reperti rinvenuti nel sito sono custoditi presso il Museo archeologico regionale di Caltanissetta.
Gibil Gabib
Il sito si trova a 5 chilometri da Caltanissetta. Al suo interno testimonianze che vanno dall’epoca preistorica ai primi secoli a.C.
La varie campagne di scavi, la prima a metà dell'Ottocento e l’ultima nel 1984, hanno portato alla luce alcuni ambienti risalenti al VI secolo a.C., parti della cinta muraria, un torrione di difesa e numerosi vasi, oggetti di uso quotidiano, statuine di divinità, piatti e lucerne, oggi custoditi presso il Museo archeologico regionale di Caltanissetta.
Solfare
Nel 1834 le solfare attive in Sicilia erano quasi 200 e di queste ben 88 ricadevano nel territorio nisseno. La presenza delle zolfare nel territorio di Caltanissetta ha segnato profondamente il suo passato.
L’attività estrattiva dello zolfo e l’industria mineraria è stata dall’Ottocento una delle principali fonti di sostentamento dei nisseni, le cui condizioni di lavoro erano al limite del disumano. Il lavoro era durissimo ed estremamente pericoloso, condotto in modo rudimentale, usando semplicemente pale, picconi e ceste per il trasporto del materiale. I lavoratori minerari in Sicilia vivevano una condizione lavorativa di tipo feudale, simile alla servitù della gleba.
Massiccio fu l’impiego di bambini (carusi) all’interno delle miniere: già dai 7 anni erano impegnati in questo duro e faticoso lavoro, trasportando carichi di zolfo di 20-25 chili. Nelle gallerie la temperatura arrivava anche a 50°C e mancava l’aria. Completamente nudi, i carusi scaricavano il materiale nei carrelli che altri ragazzi spingevano fino alla bocca dei calcaroni, sempre correndo, incitati, spintonati, spesso frustati e bastonati come bestie, in condizioni incredibili di crudele sfruttamento.
I metodi antiquati e rudimentali di estrazione provocarono frequenti incidenti gravissimi, con perdite umane enormi.
Alterne fortune nei metodi di estrazione, diventata a un certo punto antieconomica, portarono intorno al 1975 alla totale dismissione e chiusura di tutte le miniere presenti sul territorio.
Di questo triste e doloroso passato rimangono oggi il Museo mineralogico, paleontologico e della zolfara Sebastiano Mottura a Caltanissetta e svariati altri parchi minerari e musei sparsi nel territorio.
Cimitero dei carusi
«Quannu l’autri carusi ammizzigghiati
Vannu a la scola senza studiari,
iddu abbuscannu cauci e garciati
già travagghiava intra li surfari».
(Alfredo Rutella, Civiltà)- trad.
«Quando gli altri ragazzi viziati
vanno a scuola senza studiare,
lui ricevendo calci e schiaffi
già lavorava dentro la solfara».
È un piccolo cimitero realizzato presso la miniera Gessolungo dove, il 12 novembre 1881, si consumò una grave tragedia, dovuta allo scoppio di grisù. In quella triste circostanza perirono 65 operai, tra i quali diciannove carusi (bambini), di cui 9 rimasti senza nome.
Le giovani vittime di quella immane tragedia riposano in questo cimitero.